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Redazione

LETTERA DI SAN FRANCESCO ALLA SUA CHIARA SCRITTA IN PUNTO DI MORTE - 4 OTTOBRE 1226


All’anima che sa leggere nella mia,

e che ne comprende le gioie e i dolori,

voglio confidare queste parole:

all’alba della mia dipartita, al crepuscolo del sentiero che ho scelto,

posso finalmente affermare, completamente in pace,

che la nostra ferita, in questo mondo, non sta né nella ricchezza né nella povertà,

ma nella nostra dipendenza da uno di questi due stati,

nel fatto di immaginare che l’uno o l’altro possano offrirci gioia e libertà.

Sta anche nel fatto di essere convinti che l’Altissimo Signore

abbia bisogno delle sofferenze di noi creature, per aprirci la porta della sua luce.

La nostra ferita, infine, è il convincimento

che Egli abbia bisogno di sacrificarSi sotto forma di suo Figlio,

o sotto forma umana al fine di salvarci.

Chi mai, tranne noi stessi,

per mezzo della purezza del cuore, potrà salvarci?

In verità il Buon Signore mi ha mostrato

che non vi era alcun riscatto,

alcun sacrificio da perpetuare.

Mi ha insegnato, in silenzio,

che sarebbe bastato uscire dall’ignoranza, dall’oblio, e amare.

Amare la vita in ogni forma,

e con tutti i mezzi che la rendono bella,

amare la sua Unità in ogni cosa e in ogni essere.

Possa tutto questo venir detto, un giorno,

tanto alle donne come agli uomini;

possa venir detto e insegnato meglio di quanto io abbia saputo fare,

senza nulla respingere dell’Acqua nè del Fuoco.

Il mio augurio è che non ci siano più nè Chiese,

nè preti, nè monaci, niente di tutto questo:

che vi sia soltanto l’Altissimo e noi,

perchè sta ad ognuno incontrarlo in se stesso…

Ora che il velo si squarcia,

voglio andarmene nudo come sono venuto al mondo.

E non parlo della nascita del mio corpo,

ma della vera nascita della mia anima,

del giorno in cui ha trovato il coraggio

di scendere più a fondo nella carne

per offrirsi all’Eterno,

così in Alto come in Basso”.

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